Sinossi delle “Linee di indirizzo sull’attività fisica per le differenti fasce d’età e con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione”

Sport e attività fisica in età evolutiva

Secondo quanto recentemente dichiarato anche nelle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i bambini e gli adolescenti di età compresa tra i 5 dei 17 anni dovrebbero praticare almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata-vigorosa e esercizi di rafforzamento dell’apparato muscolo-scheletrico almeno 3 volte a settimana, dal momento che è stato dimostrato come una quantità di attività fisica superiore a 60 minuti produca ulteriori benefici per la salute.

Al concetto di “paramorfismo”, causato da una mancata attività fisica prolungata, si contrappone infatti quello di “salute dinamica”: ovvero, il benessere psico-fisico, caratterizzato da una buona capacità di adattamento al lavoro fisico, favorito dall’allenamento sportivo, che anche nei soggetti in età evolutiva, richiede continuità, ritmo e intensità adeguati, tali da promuovere gli opportuni adattamenti a carico dei vari organi e apparati.

Nell’ambito di un programma multimirato, l’inserimento di esercizi di attività sportiva prolungata nel tempo favorirà l’instaurarsi di una migliore resistenza organica. Inoltre, l’apparato cardio-respiratorio trarrà quindi beneficio dal programma di allenamento, fino a rispondere con la bradicardia e la bradipnea da esercizio, che sono gli effetti di più facile riscontro e più nettamente correlati con un programma sportivo mirato anche al miglioramento delle doti di resistenza organica. Tra i principali benefici di un allenamento congruo e mirato, possono essere annoverati molteplici effetti a lungo termine con riferimento a diversi apparati, ed in particolare:

 

Con riferimento all’APPARATO MUSCOLO SCHELETRICO:

  • Postura corretta
  • Masse muscolari simmetricamente toniche
  • Migliore mobilità articolare

 

Con riferimento all’ APPARATO CARDIO-RESPIRATORIO:

  • Bradicardia
  • Rapido recupero dopo sforzo
  • Valida gittata sistolica
  • Pressione arteriosa favorevole
  • Incremento dell’irrorazione periferica (capillarizzazione)
  • Facilitato ritorno venoso
  • Incremento della potenza aerobica
  • Bradipnea
  • Rapida normalizzazione dopo sforzo della frequenza respiratoria
  • Incremento dei volumi polmonari

 

Con riferimento al SISTEMA ENDOCRINO-METABOLICO:

  • Aumento del metabolismo basale e del dispendio energetico
  • Rapporto pondo-staturale favorevole
  • Aumento della massa magra attiva e corrispondente riduzione della massa grassa passiva
  • Regolazione del feed-back diencefalico con controllo dell’appetito
  • Corretto assetto lipidico
  • Fisiologica risposta neuro-endocrina (incremento delle catecolamine, del GH, del TSH, dell’ACTH)

 

Con riferimento a PERSONALITÀ E COMPORTAMENTO:

  • Buon controllo emotivo
  • Buona adattabilità
  • Buona capacità di socializzazione
  • Maggiore tolleranza alle frustrazioni
  • Aumento dell’autostima
  • Aumento consapevolezza del proprio corpo e delle proprie potenzialità

 

Come è stato ampiamente dimostrato dai molteplici studi in materia, fonti principali della ricerca bibliografica, l’allenamento sportivo produce una serie di benefici e di vantaggi che interessano l’intero organismo, influenzando così, di conseguenza, la sfera emotiva dell’individuo che pratica sport, tenendo conto delle caratteristiche intrinseche della personalità sulla quale l’attività sportiva va ad influire. Per inquadrare meglio la pratica sportiva in quest’ottica di benefici trasversali e multilivello, recenti studi internazionali hanno dimostrato l’efficacia di un programma di nuoto acquatico di 10 settimane sulle abilità acquatiche e sui comportamenti sociali di 16 ragazzi con disturbi dello spettro autistico (ASD). L’educazione motoria, con l’inevitabile miglioramento delle doti di coordinazione neuro-muscolare, consente, al contempo ed in tempi brevi, miglioramenti vistosi sia di postura sia di atteggiamento. Sempre stando a quanto dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’aumentato dispendio energetico che si verifica nell’attuare un programma di allenamento sportivo multimirato rappresenta il principale fattore di prevenzione in grado di correggere, tra le altre patologie considerate, il sovrappeso corporeo nei bambini, in abbinamento all’adozione di un regime alimentare rapportato alle effettive esigenze metaboliche del soggetto e ad un’educazione alimentare appropriata e rivolta anche all’ambiente familiare.

In aggiunta, altre acquisizioni recenti avrebbero dimostrato che la sedentarietà altera, a livello del sistema nervoso centrale, il senso dell’appetito e l’autocontrollo, mentre al contrario, la pratica regolare di un allenamento sportivo ristabilisce il meccanismo di feed-back a livello diencefalico, col risultato di riportare la sensazione di fame ad adattarsi ai dispendi energetici reali.

Benefici dell’attività fisica

La Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – Ufficio 8 – del Ministero della Salute ha contribuito inoltre ad evidenziare un altro fattore essenziale da tenere in considerazione per avere un quadro esaustivo dei benefici derivanti dalla pratica sportiva, specialmente, come vedremo in seguito, se praticata all’aria aperta, in spazi verdi o blu, a contatto con la natura.

Secondo la Direzione Generale, infatti, lo stile di vita dei genitori (fin dalla fase pre-concezionale e poi nella gestazione) e il contesto ambientale nella primissima infanzia, ricoprono un ruolo chiave nel determinare lo stato di salute negli anni a venire; in particolar modo, come vedremo in seguito, giocano un ruolo fondamentale in fase di crescita gli spazi verdi e blu. Uno stile di vita attivo durante la gravidanza contribuisce infatti al benessere del nascituro e dopo la nascita, fin dai primi mesi, il neonato può essere aiutato a muoversi e, in seguito, incoraggiato a fare giochi di movimento, assicurando anche un sufficiente numero di ore di sonno.

È stato dimostrato in studi recenti, come l’attività motoria dai 3 ai 5 anni riesca a ricoprire una specifica funzione nello sviluppo del bambino: la maturazione del sistema nervoso, realizzatasi nei primi anni di vita e lo sviluppo degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio, concorrono a migliorare la prestazione motoria del bambino. Il bambino che a tre anni avrà già acquisito (in modo abbastanza coordinato) lo schema motorio del camminare e che tende a consolidare la strutturazione ponderale iniziata al termine della prima infanzia; successivamente, verso i cinque anni, acquista una prevalente spinta staturale che proseguirà negli anni seguenti.

Nel corso dell’infanzia (6-11 anni) continua la costruzione dei prerequisiti funzionali dell’apprendimento motorio, ovvero le condizioni fondamentali che consentono la funzionalità del movimento, quali: il progressivo chiarirsi della percezione e dell’immagine di sé nei rapporti tra i segmenti corporei e tra il proprio corpo e la realtà esterna, la coordinazione senso-motoria, l’organizzazione spazio-temporale, gli equilibri e la lateralizzazione, la coordinazione statica e dinamica generale e segmentale.

All’ interno delle “Linee di indirizzo della Direzione Generale, sull’attività fisica per le differenti fasce d’età e con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione” viene sottolineato come nell’età prepuberale e puberale lo scheletro in accrescimento possieda il massimo di adattabilità e pertanto, gli interventi che avvengono in tale fase hanno maggiore capacità di influenzare le ossa durante il cosiddetto “periodo di maturazione scheletrica”.

Ponendo la nostra lente d’ingrandimento su una delle tre fasce del target di riferimento, quella dell’adolescenza, si può assistere ad uno squilibrio morfologico e funzionale, che implica dunque una adeguata rielaborazione degli schemi motori in precedenza acquisiti nell’infanzia.

In questa fase, sempre secondo le “Linee di indirizzo” del Ministero della Salute, possono rappresentare vantaggiosi mezzi di verifica del rapporto del corpo con l’ambiente (specialmente quello naturale), le attività a contatto con l’acqua, avvalendosi di strutture attrezzate quando non vi sia disponibilità di spazi naturali.

Viene inoltre analizzata l’attività sportiva dal punto di vista del consolidamento dei principali tratti caratteriali della fascia target del progetto e dello sviluppo della socialità e della cittadinanza attiva di quest’ultima.

A tale scopo risultano efficaci giochi di squadra che implichino il rispetto di regole predeterminate, l’assunzione di ruoli, l’applicazione di schemi di gare. Grande valore ha l’affidamento, a rotazione, di compiti di giuria e arbitraggio o dell’organizzazione di manifestazioni sportive; l’esecuzione di escursioni e di campeggi con attribuzione – sempre a rotazione – dei diversi compiti inerenti alla vita in ambiente naturale e allo svolgimento di essa nella comunità. La capacità di utilizzare mappe del territorio, di riconoscere luoghi, di decifrare i segni della natura e dell’insediamento umano, costituisce inoltre mezzo di recupero di un rapporto con l’ambiente.

Le “Linee di indirizzo” redatte dal panel di esperti per il Ministero della Salute nel 2019, hanno contribuito a far emergere un dato rilevante ai fini del nostro progetto: tra gli adolescenti italiani si registrano livelli di sedentarietà superiori alla media europea, che non possono essere semplicemente attribuiti al fenomeno della “generazione digitale”. Esiste in questa fascia di età un mutamento di interessi, oltre ad un impegno accresciuto negli studi, e si verifica spesso anche l’abbandono (drop-out) sportivo. I ragazzi reagiscono spesso alla selezione precoce, alle aspettative insostenibili, alla mancanza di divertimento e di socialità abbandonando l’attività sportiva e assumendo uno stile di vita sedentario. Nella logica di favorire una vita attiva ed elementi di gratificazione individuale e collettiva, occorre, pertanto, tenere conto delle nuove tendenze dei giovani rispetto all’attività sportiva e all’espressione corporea e non sottovalutare il ruolo di attività destrutturate.

Non bisogna dimenticare, inoltre, progetti di riqualificazione e di ri-progettazione di spazi pubblici che coinvolgano istituzioni, associazioni, gruppi informali, competenze qualificate, operatori che siano anche educatori di strada e che prevedano la partecipazione dei ragazzi e la loro autogestione di questi luoghi, possono contribuire ad obiettivi di salute e socialità.

È molto importante, dunque, intervenire precocemente affinché il bambino acquisisca in modo piacevole e percepisca la pratica sportiva come un’attività ludica, uno stile di vita attivo, anche perché l’inattività fisica, associata ad una non corretta alimentazione, oltre a comportare un bilancio energetico positivo con conseguente sovrappeso e/o obesità, attraverso meccanismi di tipo epigenetico, comporta una diminuzione della funzionalità del meccanismo aerobico di utilizzazione dei grassi a scopo energetico da parte delle cellule muscolari.

Il bambino così, non solo è più grasso e quindi più impacciato, ma si stanca prima quando fa attività fisica e quindi tende a farne sempre di meno. Inoltre tutto questo è fonte spesso di ripercussioni psicologiche, quali senso di frustrazione, tristezza e vergogna, che innescano un circolo vizioso per cui il bambino o l’adolescente obeso evita le occasioni di gioco e l’attività sportiva, soprattutto di gruppo o di squadra, aggravando la sua situazione clinica.

La Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – Ufficio 8 – del Ministero della Salute ha contribuito inoltre ad evidenziare un altro fattore essenziale da tenere in considerazione per avere un quadro esaustivo dei benefici derivanti dalla pratica sportiva, specialmente, come vedremo in seguito, se praticata all’aria aperta, in spazi verdi o blu, a contatto con la natura.

Secondo la Direzione Generale, infatti, lo stile di vita dei genitori (fin dalla fase pre-concezionale e poi nella gestazione) e il contesto ambientale nella primissima infanzia, ricoprono un ruolo chiave nel determinare lo stato di salute negli anni a venire; in particolar modo, come vedremo in seguito, giocano un ruolo fondamentale in fase di crescita gli spazi verdi e blu. Uno stile di vita attivo durante la gravidanza contribuisce infatti al benessere del nascituro e dopo la nascita, fin dai primi mesi, il neonato può essere aiutato a muoversi e, in seguito, incoraggiato a fare giochi di movimento, assicurando anche un sufficiente numero di ore di sonno.

È stato dimostrato in studi recenti, come l’attività motoria dai 3 ai 5 anni riesca a ricoprire una specifica funzione nello sviluppo del bambino: la maturazione del sistema nervoso, realizzatasi nei primi anni di vita e lo sviluppo degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio, concorrono a migliorare la prestazione motoria del bambino. Il bambino che a tre anni avrà già acquisito (in modo abbastanza coordinato) lo schema motorio del camminare e che tende a consolidare la strutturazione ponderale iniziata al termine della prima infanzia; successivamente, verso i cinque anni, acquista una prevalente spinta staturale che proseguirà negli anni seguenti.

Nel corso dell’infanzia (6-11 anni) continua la costruzione dei prerequisiti funzionali dell’apprendimento motorio, ovvero le condizioni fondamentali che consentono la funzionalità del movimento, quali: il progressivo chiarirsi della percezione e dell’immagine di sé nei rapporti tra i segmenti corporei e tra il proprio corpo e la realtà esterna, la coordinazione senso-motoria, l’organizzazione spazio-temporale, gli equilibri e la lateralizzazione, la coordinazione statica e dinamica generale e segmentale.

All’ interno delle “Linee di indirizzo della Direzione Generale, sull’attività fisica per le differenti fasce d’età e con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione” viene sottolineato come nell’età prepuberale e puberale lo scheletro in accrescimento possieda il massimo di adattabilità e pertanto, gli interventi che avvengono in tale fase hanno maggiore capacità di influenzare le ossa durante il cosiddetto “periodo di maturazione scheletrica”.

Ponendo la nostra lente d’ingrandimento su una delle tre fasce del target di riferimento, quella dell’adolescenza, si può assistere ad uno squilibrio morfologico e funzionale, che implica dunque una adeguata rielaborazione degli schemi motori in precedenza acquisiti nell’infanzia.

In questa fase, sempre secondo le “Linee di indirizzo” del Ministero della Salute, possono rappresentare vantaggiosi mezzi di verifica del rapporto del corpo con l’ambiente (specialmente quello naturale), le attività a contatto con l’acqua, avvalendosi di strutture attrezzate quando non vi sia disponibilità di spazi naturali.

Viene inoltre analizzata l’attività sportiva dal punto di vista del consolidamento dei principali tratti caratteriali della fascia target del progetto e dello sviluppo della socialità e della cittadinanza attiva di quest’ultima.

A tale scopo risultano efficaci giochi di squadra che implichino il rispetto di regole predeterminate, l’assunzione di ruoli, l’applicazione di schemi di gare. Grande valore ha l’affidamento, a rotazione, di compiti di giuria e arbitraggio o dell’organizzazione di manifestazioni sportive; l’esecuzione di escursioni e di campeggi con attribuzione – sempre a rotazione – dei diversi compiti inerenti alla vita in ambiente naturale e allo svolgimento di essa nella comunità. La capacità di utilizzare mappe del territorio, di riconoscere luoghi, di decifrare i segni della natura e dell’insediamento umano, costituisce inoltre mezzo di recupero di un rapporto con l’ambiente.

Le “Linee di indirizzo” redatte dal panel di esperti per il Ministero della Salute nel 2019, hanno contribuito a far emergere un dato rilevante ai fini del nostro progetto: tra gli adolescenti italiani si registrano livelli di sedentarietà superiori alla media europea, che non possono essere semplicemente attribuiti al fenomeno della “generazione digitale”. Esiste in questa fascia di età un mutamento di interessi, oltre ad un impegno accresciuto negli studi, e si verifica spesso anche l’abbandono (drop-out) sportivo. I ragazzi reagiscono spesso alla selezione precoce, alle aspettative insostenibili, alla mancanza di divertimento e di socialità abbandonando l’attività sportiva e assumendo uno stile di vita sedentario. Nella logica di favorire una vita attiva ed elementi di gratificazione individuale e collettiva, occorre, pertanto, tenere conto delle nuove tendenze dei giovani rispetto all’attività sportiva e all’espressione corporea e non sottovalutare il ruolo di attività destrutturate.

Non bisogna dimenticare, inoltre, progetti di riqualificazione e di ri-progettazione di spazi pubblici che coinvolgano istituzioni, associazioni, gruppi informali, competenze qualificate, operatori che siano anche educatori di strada e che prevedano la partecipazione dei ragazzi e la loro autogestione di questi luoghi, possono contribuire ad obiettivi di salute e socialità.

È molto importante, dunque, intervenire precocemente affinché il bambino acquisisca in modo piacevole e percepisca la pratica sportiva come un’attività ludica, uno stile di vita attivo, anche perché l’inattività fisica, associata ad una non corretta alimentazione, oltre a comportare un bilancio energetico positivo con conseguente sovrappeso e/o obesità, attraverso meccanismi di tipo epigenetico, comporta una diminuzione della funzionalità del meccanismo aerobico di utilizzazione dei grassi a scopo energetico da parte delle cellule muscolari.

Il bambino così, non solo è più grasso e quindi più impacciato, ma si stanca prima quando fa attività fisica e quindi tende a farne sempre di meno. Inoltre tutto questo è fonte spesso di ripercussioni psicologiche, quali senso di frustrazione, tristezza e vergogna, che innescano un circolo vizioso per cui il bambino o l’adolescente obeso evita le occasioni di gioco e l’attività sportiva, soprattutto di gruppo o di squadra, aggravando la sua situazione clinica.

Procedendo ad un’analisi approfondita delle “Linee di indirizzo”, emerge chiaramente uno dei fattori determinanti al fine di approfondire la portata dei benefici dell’attività sportiva riscontrati nel target individuato. Promuovere e facilitare l’attività fisica nei bambini richiede infatti una pluralità di azioni che devono coinvolgere diversi attori, ciascuno con uno specifico ruolo, dalla famiglia, alla scuola, agli operatori sanitari in una rete virtuosa di relazioni intersettoriali e con interventi educativi di medio e lungo termine e programmati secondo qualificate strategie pedagogiche.

Ruolo della Famiglia

L’influenza della famiglia sullo stile di vita, le scelte alimentari e l’attività fisica è parte di un processo educativo che coinvolge il bambino già nei primi anni di vita. In famiglia il bambino non solo impara a relazionarsi con il mondo attraverso il modello e lo stimolo dei genitori, ma può apprendere uno stile di vita sano e attivo, necessario per poter crescere in salute, possono anche nascere le prime motivazioni che avvicinano all’attività sportiva.

La famiglia svolge, pertanto, un ruolo fondamentale nella promozione dell’attività fisica, ma anche nel mantenimento dell’impegno e il proseguimento dell’attività sportiva.

Lo sport può avere un ruolo rilevante nella vita familiare, poiché può svolgere una funzione di supporto all’attività educativa dei genitori. Inoltre, la condivisione di interessi e passioni sportive favorisce il dialogo tra i componenti familiari, permette di stare insieme e mette le generazioni in contatto.

I dati Istat raccolti all’interno delle “Linee di indirizzo” sulla pratica sportiva in Italia risalgono al 2016 e mettono in luce come vi sia una forte associazione fra l’attività o inattività fisica dei genitori e quella dei figli, come riscontrato dai recenti studi dell’OMS; tale relazione permane anche quando è uno solo dei due genitori a essere uno sportivo.

I giovani che vivono in famiglie con buone risorse economiche presentano livelli di pratica sportiva più elevati, mentre le situazioni economiche familiari più svantaggiate si associano in prevalenza a comportamenti sedentari; tra la popolazione di 3-24 anni di età che pratica sport si è osservato, inoltre, titoli di studio più elevati fra i genitori. Ciò sottolinea che il contesto familiare condiziona significativamente il livello di attività o inattività dei figli e che vanno identificati strumenti che possano aiutare a superare anche le barriere economiche e culturali, particolarmente evidenti in contesti di disagio sociale.

Setting sanitario

Il pediatra rappresenta una figura chiave nel percorso di crescita del bambino non solo dal punto di vista clinico, ma anche perché supporta e consiglia i genitori e la famiglia nel suo complesso sullo stile di vita più adeguato rivolto al benessere psicofisico e per la prevenzione di varie patologie e dell’obesità.

In particolare, riguardo l’attività fisica, tramite i controlli periodici dei suoi assistiti, il pediatra oltre a valutare le condizioni di salute psicofisica del bambino e dell’adolescente prima di cominciare una pratica di esercizio fisico, può anche monitorare tali condizioni col passare del tempo per valutare gli effetti dell’esercizio.

Attraverso la relazione condotta utilizzando le competenze di base del counselling, può sensibilizzare, motivare e sostenere la famiglia sui vantaggi dell’attività fisica regolare, anche informando su quali possono essere sul territorio le opportunità per praticare attività fisica e indicando professionisti e strutture qualificate per praticare esercizio fisico o attività sportive. Le competenze del counselling potrebbero ricoprire un ruolo fondamentale perché favoriscono la costruzione della relazione, alimentano il rapporto di fiducia e quindi permettono al pediatra di fornire informazioni personalizzate, centrate sulle esigenze della famiglia ispirate ad una filosofia che intrecci il gioco, il movimento, l’attività fisica e lo sport con l’alimentazione corretta, in un’idea di apprendimento legato prima di tutto al divertimento e al benessere sia dei figli sia dei genitori, favorendo momenti di condivisione per la famiglia.

Questo approccio, secondo gli esperti del panel di ricerca del Ministero della Salute, può risultare anche un antidoto rispetto all’eccessiva pressione e alle aspettative da parte dei genitori verso “performance” e risultati assolutamente inadatti all’età, dal punto di vista sia fisico che psicologico, che potrebbero poi condurre all’abbandono sportivo nell’adolescenza.

Anche altri operatori che svolgono la loro attività in occasione delle sedute vaccinali in cui è possibile fare un intervento anche molto breve di prevenzione e promozione della salute, potrebbero utilizzare le competenze di base del counselling e alcuni strumenti del colloquio motivazionale adattando l’intervento all’interlocutore, al contesto e al tempo a disposizione; perché tale attività risulti efficace è opportuno che gli operatori possiedano una formazione adeguata. Sarebbe, pertanto, auspicabile secondo il Ministero della Salute, la previsione di momenti formativi comuni per le diverse figure professionali che valorizzino le competenze specifiche e favoriscano il loro scambio virtuoso, sul piano educativo, sociale, clinico, nel rispetto reciproco.

Setting scolastico

Nel promuovere l’attività fisica per i ragazzi è fondamentale il ruolo della scuola.

La scuola, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, così come si legge nel documento “Indirizzi di Policy integrate per la Scuola che promuove Salute”, sancito durante la Conferenza Stato-Regioni in data 17 gennaio 2019, è quel “luogo o contesto sociale in cui le persone si impegnano in attività quotidiane in cui i fattori ambientali, organizzativi e personali interagiscono tra loro per influenzare la salute e il benessere”; assumendo così il ruolo di scuola quale contesto privilegiato per dotare i giovani di una cultura favorevole alla salute, capace di incidere sui loro atteggiamenti e stili di vita.

Gli interventi educativi, per essere efficaci, dovrebbero essere progettati, realizzati e monitorati secondo un approccio condiviso e partecipato da parte del settore scolastico e di quello sanitario, creando un team dedicato che coinvolga dirigenti scolastici e docenti, operatori sanitari (pediatri di famiglia, medici specialisti, nutrizionisti, psicologi, ecc.), esperti in scienze motorie, operatori sportivi, ecc., nel rispetto reciproco delle competenze specifiche. Al fine di assicurare migliori risultati, duraturi nel tempo, gli interventi, inoltre, dovrebbero essere attivati precocemente (fin dalla scuola dell’infanzia) e avere una estensione non limitata a un periodo breve o a un solo anno scolastico. Questo processo viene definito nel citato Accordo “Approccio scolastico globale (o sistemico)”, quale cornice metodologica fondamentale perché si avvii una collaborazione trasversale reale dove ciascun portatore di interesse porti competenze specifiche per avviare processi di salute e favorire il benessere nell’ambito scolastico.

Nel periodo scolastico infantile, è da tenere in considerazione che il bambino ha uno spiccato interesse per il proprio corpo, l’azione educativa potrebbe tendere, innanzitutto, a mantenere un atteggiamento positivo verso di esso, ad averne cura e a prenderne coscienza sempre più chiara della strutturazione dello schema corporeo, del controllo degli equilibri e della lateralità, della coordinazione spazio-temporale, del controllo della respirazione, della capacità di rilassamento e del controllo posturale.

Deve esser favorita quindi la tendenza dei bambini a muoversi rispetto agli oggetti e l’azione educativa tenderà a migliorare tale capacità favorendo attività di libera espressione corporea, anche su basi ritmiche e musicali, e proponendo attività che aiutano la maturazione degli schemi motori (afferrare, lanciare, rotolarsi, strisciare, camminare, correre, saltare, arrampicarsi, dondolarsi, nuotare).

La scuola dovrebbe ricoprire un ruolo decisivo nel proporre, per tutte le attività didattiche, percorsi connotati dal “piacere di”, al fine di mettere una positiva ipoteca sul futuro di adulti sani. L’attività fisica deve, pertanto, mantenere costantemente il carattere gioioso tipico della scuola dell’infanzia e del gioco: durante la scuola primaria di primo grado, ricopre un ruolo indispensabile un adeguato svolgimento dell’attività fisica per affinare e arricchire i vari schemi motori: giochi di movimento, camminare, correre, saltare, lanciare, afferrare, battere, calciare, rotolarsi, nuotare, oltre alla danza e ai giochi popolari.

Obesity focus: raccomandazioni OMS: bambini affetti da patologie croniche e figure professionali coinvolte

Secondo quanto riportato nelle “Linee di indirizzo del Ministero della Salute”, secondo l’OMS è necessario evitare la sedentarietà e poter praticare attività fisica in sicurezza, obiettivo fondamentale per bambini e ragazzi affetti da patologie croniche che andrebbero esortati a svolgere attività scelte in base alle inclinazioni ed ai desideri personali: occorre infatti dare priorità alla scelta del paziente, a meno di controindicazioni specifiche.

Alcuni problemi riguardano, ad esempio, l’attività fisica nelle persone affette da cardiopatie congenite, corrette chirurgicamente, che diventano adulti e che richiedono una stretta interconnessione tra il mondo medico pediatrico e quello dell’adulto.

La prima figura professionale che dovrà essere coinvolta è il medico di riferimento per la patologia specifica, che deve immaginare il bambino calato nella sua realtà al di fuori dall’ospedale, alle prese con la vita normale e con normali aspettative, e dovrà essere in grado di proporre la pratica di attività fisica allo scopo di migliorare il benessere psico-fisico del suo paziente, senza aspettare di essere sollecitato dal paziente o dalla famiglia.

Nel caso in cui il percorso cominci in ospedale, sarebbe opportuno che già nella lettera di dimissione e il medico referente sottolineasse l’importanza di questo aspetto. Successivamente, il pediatra che riceve in carico il piccolo paziente può indirizzarlo a riprendere un’attività fisica o sportiva, eventualmente con l’ausilio del medico specialista in medicina dello sport; quest’ultimo valuterà le condizioni del bambino, ne verificherà la tolleranza allo sforzo, preparerà un programma di attività fisica in relazione alle condizioni cliniche e avrà la responsabilità di un’eventuale certificazione agonistica.

Per quanto riguarda l’obesità, che inevitabilmente si ripercuote sull’età adulta e che in molti casi si può considerare una malattia cronica, tutti i recenti indirizzi scientifici ne riconoscono tra le cause un’alimentazione scorretta con eccessivo introito calorico, uno stile di vita sedentario e modificazioni, di vario grado, del metabolismo. L’attività fisica, o meglio l’educazione del bambino e della famiglia ad adottare uno stile di vita sano e attivo, è essenziale nell’ambito di un intervento complessivo. Compito del pediatra, oltre ad identificare precocemente il problema, sarà quello di orientare le scelte dietetiche del bambino e di offrire le giuste informazioni per lo svolgimento quotidiano dell’attività fisica e per la pratica di uno sport in sicurezza.

Infine, è da sottolineare come il nuoto – se praticato non a livello agonistico – sia consigliato per correggere le posizioni che possono causare scoliosi o altre patologie scheletriche ed anche come, sia il nuoto sia tutte le attività a contatto con l’acqua e l’ambiente naturale, siano vivamente consigliate ai genitori di bambini con disabilità dello sviluppo.

La pratica sportiva in acqua favorisce, inoltre, un sensibile miglioramento dei legami familiari ed affettivi, come dimostrano i recenti studi su i disturbi appartenenti allo spettro autistico, “Effects of water exercise swimming program on aquatic skills and social behaviors in children with autism spectrum disorders. Autism.” di Chien-Yu Pan.